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Silvia Paler

Studio per diritto civile Merano / Naturno / Bolzano

Lo studio offre, oltre ad un’approfondita consulenza stragiudiziale anche un’assistenza professionale dinanzi alle competenti autorità giudiziarie con una particolare specializzazione nell’ambito del diritto civile, ma altresì nel diritto penale e amministrativo.

Sono lieta di poterVi annunciare che dal 1° marzo 2022 ho instaurato una stretta collaborazione professionale con lo studio legale IOOS di Bolzano.

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Gentili clienti!

Sono lieta di poterVi annunciare che dal 1° marzo 2022 ho instaurato una stretta collaborazione professionale con lo studio legale IOOS di Bolzano. Resto la Vostra diretta interlocutrice per qualsiasi necessità anche in futuro e continuerò a ricerverVi nel mio studio a Merano e Naturno. Con un allargato team di avvocati esperti mi è possibile accompagnarVi in maniera ancora più efficiente e mirata. Vi ringrazio sin da ora per la proficua collaborazione ed in anticipo per la fiducia riservatami in futuro.

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Riforma della legge fallimentare

Con la legge n. 155/2017 del novembre dello scorso anno, il Parlamento Italiano ha deliberato la riforma della legge fallimentare (regio decreto n. 267/1942).

La crisi d’impresa e dell‘ insolvenza

La legge è in vigore dalla data del 14.11.2017 e prevede la delega al Governo di adottare misure e provvedimenti idonei per la riforma delle procedure concorsuali e della composizione della crisi d’impresa.

La novità più importante consiste nella cancellazione, da tutti i riferimenti normativi e non, dell’espressione „fallimento“, sostituita a tutti gli effetti dalla locuzione „liquidazione giudiziale“. Lo scopo che il legislatore persegue è quello di abbandonare la connotazione negativa collegabile alla parola „fallimento“, a sua volta strettamente collegata al concetto di imprenditore fallito.

È prevista inoltre la possibilità di un’esdebitazione entro tre anni dall’apertura della procedura di liquidazione giudiziale, indipendentemente dalla sua chiusura, oltre alla previsione di una fase preliminare stragiudiziale per la composizione della crisi, durante la quale l’imprenditore viene sostenuto da un organo collegiale pubblico nell’ovviare alla situazione di dissesto economico. Durante tale fase viene forzata la conclusione di una transazione con i creditori dell’azienda, sotto la vigilanza di un Tribunale specializzato nelle materie della crisi d’impresa.

Viene rafforzato il ruolo degli organi sindacali e di controllo, ai quali viene attribuito un compito determinante nell’identificazione e comunicazione ai vertici dei primi segni di una crisi, con una rispettiva funzione di controllo nei confronti degli organi amministrativi relativamente all’adozione di rimedi per ovviare al possibile dissesto entro i termini previsti.

È infine previsto un accesso agevolato al credito per piccoli imprenditori e la possibilità di costituire garanzie reali su beni futuri determinabili.

Viene incentivato l’istituto del concordato preventivo, in particolare il cosiddetto “concordato in continuità”, che garantisce la continuità dell’attività commerciale e dell’azienda, nonché la possibilità di una procedura semplificata presso lo stesso Tribunale per i grandi gruppi d’impresa.

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INTERVENTO DELL’ AVV. SILVIA PALER
Consigliere Ordine Avvocati Bolzano

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Con il concetto di “maso chiuso” o “Geschlossener Hof” s’intende l’istituto giuridico altoatesino per cui una proprietà immobiliare, alla morte del proprietario, non viene suddivisa fra i coeredi, ma vie- ne intestata ad una sola persona, il c.d. assuntore del maso.

L’istituto deriva originariamente dal diritto barbarico ed è stato introdotto in Tirolo per la prima volta nel VI secolo. Il termine deriva dall’espressione “Hof” che indicava genericamente il podere, mentre chiuso doveva verosimilmente contraddistinguere il concetto d’indivisibilità. Sotto questo aspetto, il sistema ereditario germanico si differenziava in particolar modo da quello romano: pre- vedeva la prevalenza della conservazione dell’integrità del podere e della sua capacità di produrre un reddito idoneo a mantenere un nucleo familiare sul diritto successorio degli eredi.

La regola germanica è stata applicata in vario modo nei paesi nordici fino alle Alpi. In Tirolo ha trovato la sua applicazione più stabile e tipica: l’istituto del maso chiuso, così chiamato già dal 1795 e per lunghi secoli regolato dalla sola consuetudine, è stato ufficializzato per la prima volta nel 1926 dalla “Tiroler Landesordnung” per rimanere in vigore – nei territori trasferiti all’Italia – fino al 1929. Con l’estensione della legislazione del Regno d’Italia alle c.d. “nuove provincie” l’istituto del maso chiuso sparì dal codice, ma ha ciononostante continuato ad essere applicato, prevalendo nella popolazione la consapevolezza della legittimità sostanziale delle regole tradizionali anche se non codificate. La disciplina è stata poi reintrodotta nel 1948, laddove l’art. 11 dello Statuto dell’Autonomia stabiliva la competenza primaria della Provincia di Bolzano in materia di “ordinamento delle minime unità culturali, ordinamento dei masi chiusi e comunità familiari rette da antichi statuti o consuetudini.”

Dopo lunghe ed aspre trattative iniziate nel 1952 è stata approvata la legge n. 1 del 29 marzo 1954, sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale soprattutto per la disparità di trattamento tra coeredi di pari grado, alla quale susseguivano una serie di interventi correttivi ed integrativi, sfociati a loro volta nell’emanazione del T.U. n. 32/1978. Dopo l’intervento della legge n. 10/1982 sul ”Erbhof”, è stata infine approvata la L.P. n. 17/2001 tutt’oggi in vigore.

Con riferimento ai diritti di prelazione nel contesto delle norme sul maso chiuso bisogna osservare innanzitutto come l’attuale legge escluda il diritto di prelazione per il confinante di un maso, mentre tale diritto viene riconosciuto all’affittuario coltivatore diretto nel caso di alienazione del maso a soggetti diversi dal coniuge o da parenti entro il quarto grado. In particolare, il diritto di prelazione spetta anche quando l’affittuario ha in affitto solo una parte dei fondi; nel caso di più aventi diritto, la preferenza spetta a chi ha in affitto la sede o la maggior parte degli stabili del maso, e successiva- mente, agli affittuari che dimostrino di possedere i migliori requisiti per garantire la conduzione e la coltivazione diretta e la futura sussistenza del maso (non più – com’era nella disciplina previgente – all’affittuario con la maggiore estensione dei fondi coltivati). È previsto un diritto di prelazione a favore dei familiari entro il secondo grado di parentela che collaborano nel maso e vivono nel medesimo in caso di alienazione dello stesso o di parte di esso a persone imparentate oltre il secondo grado.

Viceversa, al proprietario di un maso, coltivatore diretto, spetta il diritto di prelazione sui terreni agricoli confinanti sulla base della legge sulla prelazione agraria n. 817/1971.

Tale ultimo principio non è – fra l’altro – sempre stato così pacifico. Alcune sentenze del Tribunale di Bolzano (poi riformate in sede di appello con la sentenza della Corte d’Appello di Trento – Bolzano del 26 maggio 2003, in dir. e giur. agr. 2004, 185) affermavano infatti che il maso chiuso avrebbe già una dimensione ideale che non necessita di un aumento in forza del diritto di prelazione riconosciuto in capo al suo proprietario.

Al contrario si era sostenuto che la prelazione doveva applicarsi senz’altro, considerando che la legge provinciale stabilisce un limite molto ampio alle dimensioni ottimali di un maso, pari ad una consistenza di terreni idonea a dare reddito ad un nucleo familiare di almeno quattro persone. L’unico limite all’ampliamento del maso attraverso l’esercizio della prelazione è quindi costituito dalla necessaria autorizzazione da parte della Commissione Masi Chiusi territorialmente competente, titolare del potere di accertamento sulla redditività ideale raggiunta. Ogni limitazione al diritto di prelazione si porrebbe infatti in contrasto con la normativa agraria italiana, volta a favorire l’ampliamento delle aziende agricole per consentirne un adeguato sfruttamento e consentire ai contadini di godere di un tenore di vita adeguato al loro impegno, oltre a contrastare con la normativa europea che vieta restrizioni alla libertà di iniziativa economica e di concorrenza.

Va precisato in particolare che, se il terreno è staccato da un maso chiuso, l’acquirente lo dovrà aggregare al suo, se si tratta invece di un c.d. terreno “volante” (walzende Parzelle) potrà rimanere tale anche in capo al nuovo proprietario, senza necessaria incorporazione nel maso.

La prelazione agraria non opera invece, se il trasferimento avviene con negozi giuridici diversi dalla compravendita, come ad esempio la permuta, la donazione o il conferimento in società.

Va rilevato infine che con sentenza n. 405 di data 07.12.2006, la Corte Costituzionale ha affermato la legittimità costituzionale delle norme provinciali che prevedono l’esclusione dal diritto di prelazione per trasferimenti d’immobili assoggettati al vincolo di bene culturale “nel caso di trasferimento della proprietà in seguito a successione aziendale entro il quarto grado di parentela facenti parte di un maso chiuso”. Sostiene infatti la Corte, che “le norme censurate, essendo non soltanto predisposte alla tutela dell’indivisibilità del maso, ma soprattutto finalizzate a mantenere la connessione con la compagine familiare, […] giustificano, in materia di masi chiusi, le deroghe alla disciplina generale senza violazione dell’art. 3 della Costituzione. […] Poiché entrambe le disposizioni impugnate sono dirette alla tutela del maso chiuso con riguardo alle peculiarità di siffatto bene, esse non contrastano neanche con l’art. 9 Cost. che attribuisce lo sviluppo della cultura e la tutela dei beni culturali e del paesaggio alla Repubblica in tutte le sue articolazioni e non soltanto allo Stato.”

Precisa infine la Corte che resta ferma l’obbligo della denuncia del trasferimento del maso nelle circostanze suindicate, considerando che la normativa non si esaurisce nel rendere possibile la prelazione stessa, ma ha la fondamentalmente la funzione di rendere nota la titolarità dei beni nei tempi e con le modalità stabilite all’organo cui spetta la loro salvaguardia.

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Il discusso D.L. 14/2016 sulla convivenza di fatto e sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso, la c.d. „Legge Cirinnà“ prevede le seguenti novità.

Unioni civili tra persone dello stesso sesso:

Vengono riconosciute dalla legge italiana le unioni civili tra persone dello stesso sesso.

Le unioni tra persone dello stesso sesso vengono equiparate al matrimonio in una serie di punti, vengono eseguite dinanzi ad un Ufficiale di Stato Civile ed ivi registrate.

La legge prevede inoltre una serie di circostanze in cui non è possibile addivenire ad un’unione civile tra persone dello stesso sesso, come ad esempio la preesistenza di un matrimonio tradizionale.

Le persone interessate hanno l’obbligo del reciproco sostegno morale, l’obbligo di contribuzione ai fabbisogni della famiglia – ciascuno nei limiti delle proprie capacità reddituali ed economiche – e infine l’obbligo di una stabile convivenza. Non è invece previsto l’obbligo di fedeltà.

Ciascun partner può assumere il cognome dell’altro ed ha gli stessi diritti del coniuge in materia di successione e pensione di reversibilità.

Il regime patrimoniale è in genere la comunione dei beni a meno che gli interessati non provvedano a scegliere la separazione dei beni in occasione dell’esecuzione dell’unione dinanzi all’Ufficiale di Stato Civile.

Convivenze di fatto:

Una convivenza di fatto può sussistere tra persone dello stesso sesso, nonché tra uomo e donna. La definizione prevede una convivenza reale e stabile tra due persone che sono legate tra di loro da un rapporto sentimentale, che si sostengono moralmente ed economicamente e che hanno il centro della propria vita nello stesso comune.

A queste coppie sono riconosciuti diritti simili a quelli dei coniugi, ad esempio il diritto di abitazione in caso di morte del partner, il diritto al risarcimento del danno per fatto illecito, il diritto di visita in caso di malattia ecc.

Le coppie possono definire gli aspetti economici del proprio rapporto mediante un contratto, il quale deve essere concluso dinanzi ad un avvocato o un notaio. Il contratto è risolto quando uno dei contraenti recede o muore oppure quando uno dei contraenti contrae un matrimonio civile

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È entrato in vigore da poco il nuovo „decreto banche“ n. 59/2016 che prevede le seguenti novità in materia di esecuzione forzata.

  • È inammissibile l’opposizione all’esecuzione se fatta dopo l’udienza in cui si dispone la vendita dell’immobile pignorato, a meno che l’opposizione non si basi su fatti o circostanze sopravvenute o che il debitore non ha potuto conoscere usando l’ordinaria diligenza.
    Il creditore procedente deve informare il debitore sull’inammissibilità dell’opposizione nell’atto di pignoramento.
  • Il decreto ingiuntivo deve essere dichiarato provvisoriamente esecutivo per le somme non esplicitamente contestate dal debitore.
    La novità consiste quindi nella circostanza che il Giudice deve concedere l’esecuzione provvisoria.
  • Le udienze di vendita dell’immobile pignorato si dovrebbero tenere in via telematica; le vendite disposte possono essere al massimo tre, il Giudice deve disporre di volta in volta la riduzione del prezzo base.
    In via eccezionale ci può essere una quarta udienza di vendita, in cui il Giudice può disporre la riduzione del prezzo base sino alla metà.
  • Il creditore può chiedere l’assegnazione dell’immobile a se o a terzi. In tale ultimo caso la nomina del terzo deve avvenire a pena di decadenza nel termine di cinque giorni dall’assegnazione stessa; in mancanza essa viene disposta a favore dello stesso creditore.
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